lunedì 6 febbraio 2012

Liste d'attesa. Indagine nelle Asl di Bari, Milano, Napoli, Roma e Torino

Cinque mesi per un'ecografia e una visita oculistica: è il record registrato a Milano e Napoli.

Cinque mesi per un'ecografia e una visita oculistica: è il record registrato a Milano e Napoli. I tempi di attesa della sanità pubblica sono ancora lunghi e il cittadino per saltare le code spesso è costretto a pagare
  I tempi di attesa per 4 esami e visite comuni nelle cinque ciittà. Si passa dai 300 giorni per una gastroscopia a Bari ai 6 mesi per un’ecografia a Roma, fino ai 7 mesi per un’ecografia all’addome a Torino. Le cause: medicina difensiva e tagli alle Asl.

02 FEB - Per una gastroscopia a Bari si può aspettare anche 300 giorni. Sette mesi per un’ecografia all’addome a Torino. Con l’aggravio del superticket, introdotto della manovra finanziaria dello scorso agosto, che prevede 30 euro di pagamento per esame oculistico o ortopedico; dai 46 euro di Campania e Lazio ai 52,80 euro di Lombardia e Piemonte per l’ecografia. L’alternativa? Andare privatamente a pagamento: per l’ecografia in privato non si spende molto di più, 60-65 euro.



Sono questi i risultati dell’inchiesta condotta da Altroconsumo su 80 strutture sanitarie pubbliche di cinque città: Bari, Milano, Napoli, Roma, Torino.
In questi capoluoghi l’associazione ha contattato i Centri unici di prenotazione (Cup) per richiedere quattro esami e visite molto comuni: ecografia addome, gastroscopia, visita oculistica, visita ortopedica. 
In generale si può dire che i tempi di attesa sono ovunque molto lunghi e che l’unica possibilità di accorciarli sensibilmente è quella di spostarsi fuori città, ma non sempre la differenza vale il viaggio, quindi la soluzione più comoda potrebbe essere la visita privata. Infatti, nonostante l’utilità e il vantaggio del Cup, non sempre il cittadino, o meglio quasi mai, riesce a trovare una visita in tempi ragionevoli in una struttura adeguata alle proprie esigenze di mobilità.

C’è poi da dire che soprattutto in realtà come quella di Napoli, risulta più facile utilizzare le farmacie per prenotare le proprie prestazioni sanitarie. Dallo scorso ottobre, infatti, le farmacie possono anche fungere da canali di accesso al Cup per prenotare esami e visite specialistiche presso strutture sanitarie pubbliche e private accreditate, provvedere al pagamento di ticket a carico del cittadino e ritirare i relativi referti. Il tutto senza costi aggiuntivi a carico del cittadino. Nel corso dell’inchiesta, a tal proposito, sono state visitate anche alcune farmacie per verificare se il servizio di prenotazione fosse già attivo. Il servizio risulta avviato in alcune farmacie di Torino, Bari e Napoli, mentre a Milano è partito con più ritardo.



L’indagine ha preso il via da una premessa: ogni anno in Italia si raggiunge l’enorme numero di 70 milioni di accertamenti diagnostici. La “colpa” di questi numeri viene data da Altroconsumo alla medicina difensiva, ma anche all’atteggiamento dei pazienti spesso troppo solleciti nel chiedere esami, oltre ai tagli di bilancio a cui sono state sottoposte le Aziende sanitarie.



Contattando il Cup a Roma non è possibile prenotare un’ecografia prima di 6 mesi, ben 188 giorni. A Torino i tempi s’accorciano, ma di poco: 117 giorni, ben 4 mesi. A Bari per lo stesso esame i giorni d’attesa sono 106, per una gastroscopia 126. Eppure il Piano nazionale di governo per le liste d’attesa per il triennio 2010-2012 prevedeva tempi certi e ragionevoli da rispettare per esami, visite ed interventi chirurgici. In particolare in questo studio sono stati puntati i riflettori su 4 prestazioni a più alto rischio ritardi, comprese nelle 58 segnalate dal Piano nazionale. Queste dovrebbero essere garantite ad almeno il 90% dei cittadini richiedenti in tempi massimi che variano dai 30 giorni per una visita ai 60 per un esame diagnostico.



Nonostante questo i casi di sforamento dei tempi previsti sono risultati essere numerosi. Vediamo in dettaglio alcuni segnalati nello studio.

A Roma i tempi medi per tutte e quattro le prestazioni analizzate dall’indagine hanno sempre “gravemente” sfiorato i limiti di attesa previsti. Si è riscontrata, inoltre, una “deprecabile” chiusura delle prenotazioni in alcuni ospedali. La tempistica per prenotare tramite Cup un’ecografia è di sette mesi e l’unica alternativa possibile è quella di macinare chilometri per rivolgersi ad ambulatori nelle cittadine di provincia. Se invece si vuole mettere mano al portafogli, basta sborsare 60 euro e si riesce ad ottenere l’esame diagnostico nel giro di 48 ore.

Questo “problema” con le ecografie è emerso anche a Torino, dove le prenotazioni tramite Cup hanno un tempo di attesa di sei mesi. Più in generale, come riportato nell’Indagine, i tempi medi di tutti e 4 gli esami analizzati hanno superato il limite posto dalla Regione. Una nota particolare, però, la merita l’ortopedia. Questa specialistica non è risultata essere ancora presente in agenda e non è stato dunque possibile neanche prenotare la visita: rimandata a data da destinarsi.



Tempi più “ragionevoli” sono stati riscontrati a Milano, dove però in alcuni casi non è stato possibile prenotare un’ecografia senza una motivazione ben precisa.
Altroconsumo ha poi rilevato come, per prenotare un’ecografia a Bari si possono percorrere per due vie: attendere tre mesi, oppure spostarsi fuori città per poter avere lo stesso esame nel giro di alcuni giorni., si fa prima rivolgendosi alle farmacie.
Per concludere, a Napoli, nonostante la Sanità sotto commissariamento, lo studio ha riscontrato i tempi d’attesa medi e massimi inferiori a quelli delle altre città. C’è però da considerare un piccolo problema: per prenotare con il Cup bisogna andare di persona, si fa prima rivolgendosi alle farmacie.

 

domenica 5 febbraio 2012

ecco le discriminazioni Fiat contro tesserati Fiom

Rappresentanti per la sicurezza a cui è impedito controllare i luoghi degli incidenti sul lavoro, soppressione delle trattenute sindacali nonostante sentenze favorevoli della Cassazione, assemblee sindacali tenute fuori dai cancelli, lavoratori ed ex delegati controllati e minacciati dalla sicurezza aziendale. La serie infinita di discriminazioni subite dalla Fiom nelle fabbriche Fiat è senza precedenti nella storia della democrazia italiana e riporta alla memoria i reparti confino degli anni ‘50.

Una discriminazione però che viene da lontano. «A decorrere dal 31 dicembre 2011 verrà meno per gli associati alla Fiom la base attributiva dei diritti sindacali», scriveva Raffaele De Luca Tamajo con anni di anticipo. Non si tratta di un mago, ma di uno degli avvocati della Fiat. In un articolo su “Argomenti di Diritto del Lavoro” del 2010 annunciava già l’espulsione dei metallurgici della Cgil da tutte le fabbriche del gruppo Fiat in Italia, cancellando qualunque diritto agli 11mila iscritti su 86mila dipendenti. Di più. In quello stesso scritto spiegava con dovizia di particolari come il «modello Marchionne» fosse l’«epifania di nuove relazioni industriali» e come «la linea ispiratrice della sfida della azienda torinese» sia stata teorizzata e scientemente portata avanti molto prima dello scontro su Pomigliano. Già nel 2009, quando Marchionne veniva ancora considerato un «socialdemocratico», il manager dei due mondi stava preparando il suo attacco al «sindacalismo ideologico».

Il giro d’Italia dell’apartheid Fiat, la dura vita da fantasmi degli ex delegati e rappresentati Fiom senza più agibilità sindacale, non può che partire dove tutto ha avuto inizio: il Giambattista Vico di Pomigliano d’Arco. È di mercoledì sera l’annuncio di Sergio Marchionne ai sindacati firmatari dell’accordo di primo livello di altre 662 assunzioni alla newco. L'organico lunedì arriverà così a 1.845 unità. Anche questa volta, quasi certamente, non ci sarà alcun tesserato della Fiom nonostante oltre 600 lavoratori sui 4.500 della vecchia azienda fossero tesserati per quel sindacato. Più che la matematica, è la giurisprudenza a spiegare la stranissima coincidenza: se la Fiat assumesse anche un solo tesserato Fiom, la federazione della Cgil potrebbe far valere la sentenza del giudice Ciocchetti che ha condannato il Lingotto per comportamento antisindacale, permettendo alla Fiom di nominare i suoi rappresentanti all’interno dell’azienda. La discriminazione è lampante, ma proprio per questo la Fiat non può cedere: le conseguenze anche di una sola assunzione sarebbero dure da digerire, la Fiom potrebbe bloccare lo stabilimento simbolo della strategia Marchionne. L’altra inconfessabile verità sul futuro di Pomigliano che la Fiat non può svelare è il numero di assunzioni finali: al tempo del referendum i sindacati che hanno firmato il contratto (Fim, Uilm, Fismic, Ugl, Unione Quadri) hanno fatto campagna elettorale per il “Sì” promettendo che tutti sarebbero stati riassunti nella nuova Fabbrica Italia Pomigliano. In realtà perfino nelle più rosee previsioni sul successo della Nuova Panda, non si arriverà mai a quella cifra, assai probabile che non si vada oltre i 3mila. E se i numeri sono questi per gli iscritti Fiom il futuro è segnato.

Le immagini degli operai Fiom che lasciano le salette sindacali portando via le foto in bianco e nero di Berlinguer e Trentin hanno fatto il giro del mondo. «Le abbiamo chiuse in scatole di cartone e portate in Quinta Lega (la casa della Fiom a Corso Unione Sovietica, Ndr) pronte per quando rientreremo in fabbrica e intanto continuiamo ad essere presenti girando fra le varie porte con il camper Fiom», racconta Edy Lazzi, delegato di Mirafiori. Il proselitismo contro il modello Marchionne sta andando avanti con successo: «I lavoratori con cui parliamo lo sanno benissimo: anche i due nuovi modelli annunciati per il 2014 confermano che fino ad allora si andrà avanti a colpi di cig: ma ad aprile finirà quella straordinaria e probabilmente la Fiat sarà costretta a chiedere quella per ristrutturazione aziendale». Nel frattempo però l’azienda sta facendo molto di peggio: «L’altro giorno ai nostri Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (Rls) è stato negato di poter controllare una postazione di lavoro dove si era verificato un incidente prima delle vacanze di Natale. È una guerra continua di lettere e contro lettere, di contestazioni ai nostri lavoratori ed ex delegati».

Sull’argomento Rls va molto peggio alla Sevel di Atessa, la fabbrica dei furgoni Ducato. «Con una lettera del 31 gennaio l’azienda ci ha comunicato che i nostri Rls erano stati sostituito con altri due nominati dall’Ugl - spiega Marco Di Rocco, segretario Fiom di Chieti - . È il primo caso in Italia ed è una palese violazione non dei contratti sindacali, ma della legge sulla Sicurezza sul lavoro e per questo faremo ricorso». Atessa però vanta anche un altro primato. In questo stabilimento due giorni fa è stato sottoscritto il primo contratto separato post-Pomigliano. È stata la Fim a non sottoscrivere un verbale con cui l’azienda e gli altri sindacati si accordavano ad utilizzare i permessi residui dei lavoratori per i quattro giorni di stop al lavoro per la protesta dei camionisti della scorsa settimana. «Abbiamo detto “No” perché quasi la metà dei 5mila lavoratori li avevano già utilizzati - spiega Domenico Bologna, segretario della Fim di Chieti - e per noi non è giusto che l’azienda vada a toccare i permessi di quest’anno. Siamo coerenti con la nostra linea e non faremo retromarce», promette Bologna. Uno dei tanti scricchiolii del sistema Marchionne.

Altro tema su cui in Abruzzo la Fiat mantiene la primogenitura è quello delle trattenute sindacale. «Noi siamo stati i primi a cui è stato bloccato quell’1 per cento del salario che il lavoratore decide di darci ogni mese e che ci permette di sopravvivere. Il blocco è stato fatto a noi e non all’Usb, che come noi non ha firmato l’accordo di gruppo», continua Di Rocco. Il motivo è semplice: questo stesso sindacato ha vinto un ricorso, confermato dalla Cassazione. Ma la Fiom dal 2000 a Chieti utilizza la cosiddetta “cessione del credito”: «Al momento del tesseramento, il lavoratore ci delega ad usufruire di quella cifra al di là degli accordi con le aziende - continua Di Rocco - e anche qui faremo valere i nostri diritti, sicuri di vincere». Una vera spada di Damocle sulla Fiat, visto che il giudice del Lavoro di Lanciano ha già dato torto all’azienda sui contratti a tempo, costringendo il Lingotto a reintegrare i primi due di circa 300 lavoratori nelle stesse condizioni.

La vita per la Fiom è durissima, ma qualche soddisfazione arriva ancora. Il 27 gennaio all’Iveco di Brescia è stata una giornata campale. Quel giorno i sindacati firmatari tenevano una delle poche assemblee di questo periodo per spiegare le ragioni del nuovo contratto. Ad uguale richiesta della Fiom, l’azienda aveva vietato a Maurizio Landini di entrare in fabbrica. «Sotto la pressione dei capi e di alcuni Rls che invece di preoccuparsi di un grave incidente sul lavoro (45 giorni per un dito schiacciato, senza che noi abbiamo potuto assistere), si sono ritrovati in soli 230 in sala mensa - ricorda Michela Spera, segretario Fiom di Brescia - tra cui solo 30 operai, gli altri erano capi e impiegati. Noi invece abbiamo deciso di tenere lo stesso l’assemblea al cancello di entrata e ad ascoltare Maurizio c’erano il doppio di persone ad ognuno dei due turni, mentre lo sciopero di due ore ha registrato adesioni del 55 per cento al primo e del 70 per cento al secondo».

Con l’ultimo contratto il modello Marchonne ha poi travalicato i confini sindacali di federazione. Nel gruppo Fiat ci sono anche aziende che applicavano il contratto della chimica come la Pcma. La protesta della Filctem per la perdita di diritti e di salario subito dai lavoratori dei 1.100 lavoratori sui cinque stabilimenti italiani della “Plastic Components and Modules Automotive” ha portato ad una causa già arrivata a giudizio. Un altro giudice del lavoro di Torino, Edoardo Denaro, ha dato ragione alla Fiat per la trasposizione del contratto, motivandolo con l’articolo 8 del decreto-manovra di Ferragosto di Sacconiana memoria, condannando però nuovamente il Lingotto per comportamento antisindacale.

Inventa il sistema per risparmiare carburante Ma viene montato solo in Svizzera, in Italia la sua idea non interessa!!!

Il meccanico Leonardo Grieco ha messo a punto il Kinetic Drive System, che permette alle auto di dimezzare i consumi di carburante, abbattere le emissioni del 60 per cento e allungare la vita del motore dell'80 per cento. Il Kds, scartato dalle grandi case automobilistiche (tra cui la Fiat), viene montato in alcune carozzerie svizzere
Leonardo Grieco, inventore del Kds
Si chiama Kinetic Drive System (Kds) e promette di dimezzare i consumi di carburante, abbattere le emissioni del 60 per cento e allungare la vita del motore dell’80 per cento. L’invenzione porta la firma di Leonardo Grieco, un meccanico di lungo corso di Saltrio (Varese), uno di quelli che si è “guadagnato i galloni in officina – come dice lui stesso -, in anni di lavoro”, sporcandosi le mani oltre ad usare la testa.

Oggi il suo Kds, dopo essere stato brevettato, ha ottenuto dalla motorizzazione svizzera l’autorizzazione ad essere montato sui veicoli e in un’officina del Canton Ticino è già possibile farselo installare per poco meno di 2 mila euro. Per un non addetto ai lavori non è semplice intuirne il funzionamento, ma in buona sostanza il Kds è composto da una centralina che interviene sul meccanismo della frizione. “Una volta accelerata la massa – spiega l’inventore – la macchina resta su un numero di giri ottimale e ad ogni cambio di marcia, grazie a questo sistema si risparmiano 700 giri motore. Infatti, mentre normalmente si scende al minimo di giri, qui si utilizza il motore soltanto quando dà la coppia migliore, fra i 1700 e i 2300 giri. Praticamente a parte lo spunto iniziale, la macchina viaggia quasi sempre a basso regime, basta dare un colpo di gas ogni tanto e ci si mantiene a velocità di crociera. Il pedale della frizione non c’è e per cambiare si usa solo la mano”.

Il signor Grieco ha montato il sistema su una vecchia Skoda 1900 turbo diesel: “Ho già fatto 50 mila chilometri con questa macchina e i risultati sono sorprendenti. Questa auto, che oggi ha 290 mila chilometri, fa abitualmente attorno ai 500 chilometri con un pieno, da quando ho montato il sistema Kds sono stabilmente sopra i mille”. Al signor Grieco dobbiamo credere sulla parola. Oltre ad aver visto la centralina montata e ad aver percepito il suo vibrante entusiasmo, non abbiamo infatti a disposizione elementi empirici sufficienti ad avvalorare la sua scoperta, se non un breve viaggio di prova da cui effettivamente abbiamo potuto constatare che il pedale dell’acceleratore viene usato davvero poco.

Se quanto promesso fosse vero si tratterebbe di una innovazione sensazionale. Con macchine capaci di percorrere normalmente 50 km con un litro. Di questa vicenda colpisce anche un’altra cosa: “Questa scoperta potrebbe valere metà del combustibile mondiale – dice Grieco – ci ho speso dieci anni di lavoro e tentativi. Soldi, tempo e impegno. Nessuno ha però voluto darci retta. Nessuno ha voluto vederlo e capirne il funzionamento. Abbiamo scritto alle case automobilistiche di tutto il pianeta: a Marchionne, a Montezemolo, negli Stati Uniti, in Corea, dappertutto. Abbiamo speso un capitale in lettere e raccomandate. Le risposte che ci sono arrivate sono tutte uguali. Hanno tutte lo stesso desolante tenore, ne ho un cassetto pieno”.

Insomma, Grieco ha scritto e presentato il suo Kds alle principali case automobilistiche che hanno sempre risposto alla stessa maniera: “Ci dispiace tanto, ma la sua invenzione non ci interessa”. Ma l’inventore del Kds non ci sta: “Questi signori dovrebbero scendere dalle loro scrivanie e toccare con mano, sedersi sulla macchina e provarla prima di dire che non gli interessa. Prima provi, studi, poi mi dici che non funziona. Una bocciatura motivata la posso anche accettare. Ma una chiusura a priori no. Nelle cose, per capirle, bisogna metterci il naso”. Dal momento che nessuna casa automobilistica ha creduto nel progetto, Grieco ha stretto un accordo con un’officina elvetica che ha accettato di montare il sistema sulle auto svizzere: “Siamo andati alla motorizzazione del Canton Ticino, hanno provato il sistema, hanno verificato le caste e dopo dieci giorni avevamo in tasca l’autorizzazione a montarla. Una cosa simile in Italia, con tutta la burocrazia, sarebbe impossibile”

sabato 4 febbraio 2012

A statuto speciale si spreca meglio

Sicilia, Sardegna, Valle d'Aosta, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige, nelle cinque regioni a statuto speciale i privilegi sono ancora più ampi rispetto al resto d'Italia
Cinque regioni e altrettanti trattamenti di favore: centinaia di milioni di euro a disposizione, gestiti senza alcun vincolo. Dal Nord al Sud (isole comprese) a pagare è sempre e comunque il cittadino
Per mantenere la casta di Palazzo dei Normanni ogni siciliano spende cinque volte più dei lombardi. In Trentino Alto Adige i presidenti di provincia guadagnano di più del presidente degli Stati Uniti. La regione Sardegna, invece, spende 85 milioni di euro per la gestione dei sistemi informatici regionali. La casta in Valle d’Aosta è una cosa seria, la politica è ovunque: un potentissimo Consiglio regionale di 35 membri, 74 consigli comunali, 8 Comunità montane, 10 Aziende pubbliche di promozione turistica. Infine, in Friuli Venezia Giulia i politici regionali, oltre alle indennità, si portano a casa un rimborso per l’uso della macchina che, a seconda della provincia di residenza, varia dai 533 euro per i triestini ai 3. 210 per chi arriva da Pordenone e deve farsi 117 chilometri di Debora Aru, Stefano Caselli, Michele De Gennaro, Ivana Gherbaz e Roberto Mancini



SICILIA – IL CONSIGLIO PIÙ AFFOLLATO E RICCO D’ITALIA

Venti milioni l’anno solo per le pensioni dei consiglieri

Dalla prossima legislatura i deputati dell’Ars, l’assemblea regionale siciliana, saranno 70, 20 in meno rispetto agli attuali 90. Si tratta del primo segnale di austerity da parte del consiglio regionale più affollato e ricco d’Italia. Per mantenere la casta di Palazzo dei Normanni ogni siciliano spende cinque volte più dei lombardi, 33 euro l’anno, per una spesa complessiva di 167, 5 milioni. Anche vitalizi e retribuzioni del personale sono in testa alla classifica degli sperperi: l’Ars ha stanziato per le pensioni dei consiglieri – in Sicilia “deputati” – 20, 5 milioni di euro, tre volte tanto in confronto alla Lombardia che, pur avendo più dipendenti (296 contro 248) spende per i suoi funzionari la metà dei 40, 4 milioni di euro che sborsa l’Ars. Questo perché i salari del personale della regione a statuto speciale sono parametrati a quelli del Senato.

Anche altre voci di bilancio fanno impallidire: nell’anno appena iniziato solo la buvette dell’Ars costerà oltre 925 mila euro, 77 mila euro al mese, mentre le spese di rappresentanza ammontano a 342 mila euro, dieci volte in più della Puglia e trenta volte in più dell’Emilia Romagna. Solamente per le divise dei 120 commessi la Regione paga 360 mila euro, mentre per il noleggio e la gestione delle 13 auto blu in dotazione 425 mila euro. Entrare a lavorare all’Ars rappresenta il sogno di ogni siciliano. Palazzo dei Normanni, infatti, garantisce stipendi e pensioni impensabili per qualsiasi altro dipendente pubblico. Un segretario generale, con 24 anni di anzianità, ha uno stipendio netto pari a 13. 145 euro al mese in 16 mensilità. Un suo pari del Consiglio regionale della Lombardia guadagna 6. 590 euro netti in sole 13 mensilità. Con 35 anni di anzianità, sempre un segretario generale ha garantita una pensione di 12. 263 euro netti al mese, mentre un consigliere parlamentare con incarico di direttore con 24 anni d’anzianità guadagna 9. 257 euro netti al mese (3. 790 in Lombardia). I 120 commessi, con 24 anni di lavoro alle spalle, arrivano a guadagnare 3. 736 euro netti al mese e possono contare su una rendita pensionistica di 3. 439 euro. I soldi dei cittadini siciliani vengono sprecati anche in Europa. La regione ha rescisso il contratto d’affitto per la vecchia sede di rappresentanza e ne ha acquistata per 3, 1 milioni di euro una nuova a Bruxelles dove lavorano appena tre persone, tra cui un giornalista che costa 16 mila euro al mese per gestire una newsletter. La ristrutturazione dell’ufficio regionale oltralpe è costato 400 mila euro, mentre altri 80 mila se ne vanno ogni anno per spese condominiali e bollette. Questa XV legislatura detiene un altro triste record: 27 parlamentari su 90 hanno guai con la giustizia. Concorso in associazione mafiosa, falso in bilancio, truffa, voto di scambio, concussione, peculato, abuso d’ufficio, bancarotta, associazione a delinquere e altri reati minori.

TRENTINO ALTO ADIGE – PRESIDENTI DI PROVINCIA PIÙ PAGATI DI OBAMA

La carica dei 333 sindaci e le comunità di valle

Lorenzo Dellai guadagna 21. 000 e il suo omologo Luis Durnwalder arriva a 25. 620. Siamo nelle ricche province di Trento e Bolzano dove il 90 % delle tasse riscosse sul territorio resta nelle casse provinciali. Dove grazie allo statuto di autonomia si legifera su sanità, scuola, università e trasporti e dove anche i presidenti di Provincia, che sono a tutti gli effetti equi-parati a quelli delle regioni, sono i più ricchi d’Italia. Oltre ai due organi provinciali composti da 35 consiglieri per il Trentino e altri 35 per l’Alto Adige, esiste anche la Regione, il cui consiglio è costituito dagli stessi rappresentanti delle province mentre la presidenza spetta a rotazione una volta a Trento e l’altra a Bolzano. In questo sistema ci vive appena un milione di persone. Certo anche il reddito pro capite è tra i più alti d’Italia, con una media di 32 mila euro (dati del 2009) ma i costi della politica del Trentino Alto Adige non possono lasciare indifferenti. Se il presidente degli Stati Uniti si ferma a 23 mila euro lordi al mese e la cancelliera Angela Merkel non supera i 20 mila, il vice di Durnwalder, Hans Berger di euro ne prende 24 mila, mentre il presidente del Consiglio sfiora i 20. Ma a difendere a spada tratta l’autonomia dell’Alto Adige è lo stesso Durnwalder: “Noi prendiamo l’indennità in base alle leggi esistenti. In questa legislatura abbiamo ridotto spontaneamente gli stipendi del 20 %. I nostri politici pensano al bene della propria terra. Se di Obama avessi i cuochi e i sarti, due aerei privati e 4 miliardi per la propaganda elettorale, allora potrei abbassare lo stipendio, perché non mi servirebbero più i soldi. In altre regioni hanno meno competenze e stipendi più alti. Noi abbiamo tante competenze e per questo ci servono più dipendenti pubblici”.

Già le competenze altra nota dolente. Fermo restando che i tagli ai costi della politica non hanno superato i 290 euro mensili non bisogna dimenticare che anche i sindaci dei 217 comuni della provincia di Trento e quelli dei 116 della provincia di Bolzano non se la passano male. Il primo cittadino di Proveis in provincia di Bolzano, 270 anime, guadagna 2. 041 euro, quello di Massimeno (Trento) invece, che conta 124 abitanti, arriva a 1. 140 euro di indennità, importi che resteranno invariati fino al 2015. Insomma il mondo dell’assurdo se si pensa che su di un territorio così piccolo ci sono in tutto 333 comuni che costano ogni anno milioni di euro. A questo bisogna aggiungere che, nella provincia di Trento esistono anche le cosiddette Comunità di valle, in tutto sono 16, e sono una sorta di entità territoriale a livello intermedio tra i comuni e la Provincia, danno da lavorare a 564 persone con una spesa di un milione e 600 mila euro all’anno. Una novità introdotta nel 2006 e che ha iniziato ad operare nel 2010 suscitando dure critiche da parte della Lega nord che le vuole abolite (sono state raccolte le firme per un referendum). Anche l’Italia dei valori ha proposto di abolirle, ma non solo, anche di accorpare 30 i comuni, come spiega il consigliere Bruno Firmani: “Così si risparmierebbero in un anno almeno 20 milioni di euro. Quando ho presentato questa proposta in Consiglio però tutti hanno votato contro, anche il centrosinistra”.

SARDEGNA – I SISTEMI INFORMATICI DA 85 MILIONI DI EURO

Il cardiologo dell’Udc nominato alla Sanità

Nei mesi scorsi ha ridotto la sua indennità di presidente della Regione a un euro. Ma il governatore Ugo Cappellacci è pur sempre stato eletto consigliere regionale. E in Sardegna non è un lavoro mal retribuito, anche per chi non ha incarichi extra. Ecco cosa compariva in una busta paga del 2011: indennità consigliare 9362, 91 euro e diaria consiglieri 4003, 11 euro per un totale lordo di 13. 366, 02. A questo compenso vanno sottratte le ritenute così da portarlo a 7. 796 euro netti. Per il presidente del consiglio regionale invece bisogna aggiungere l’indennità di carica di 4. 038, 67 (2. 302, 04 netti). All’indennità però vanno aggiunte poi le spese di segreteria e rappresentanza (3. 352 euro) e quelle di documentazione, aggiornamento, stampa e strumentazioni tecnologiche (9. 026 euro l’anno) e ancora gli eventuali emolumenti relativi agli altri ruoli ricoperti in Consiglio. Se un consigliere, ad esempio, viene nominato segretario o presidente di commissione avrà 1. 926, 51 euro lordi in più al mese. Qualche passo verso il risparmio la Regione Sardegna lo ha fatto. Ad esempio ha abolito il vitalizio, ha ridotto il numero dei consiglieri da 80 a 60, le indennità e i finanziamenti ai gruppi risparmiando, dice il presidente del consiglio Claudia Lombardo, oltre 1 milione e 300 mila euro. Dalla prossima legislatura, si intende. Ma alla Regione ci sono ben altre spese più consistenti. Come ad esempio quelle per la gestione dei sistemi informatici regionali. Acronimi e sigle dietro cui si celano spese per milioni di euro: il SI-BAR dell’Amministrazione Regionale, il SISAR della sanità, il SIRA dell’ambiente e il SIL del lavoro.

Secondo il consigliere Sel, Luciano Uras, nei prossimi tre anni si spenderanno almeno 85 milioni di euro. Per il sito della Regione e per il sistema informatico per la pianificazione territoriale si spendono circa 2 milioni di euro l’anno e 5 milioni e 700 mila per quello sanitario. Il Sibar costa 2 milioni di euro, stesso dicasi per il sito del lavoro. Uno smacco per il popolo sardo afflitto da sempre dalla piaga della disoccupazione che attende da sei anni un nuovo piano occupazionale. Finora si sono spese per l’informatizzazione della Regione centinaia di milioni di euro. Solo Sibar e Sisar sono già costati alle casse della Regione quasi 100 milioni di euro. E sul fronte sanitario, che è poi quello che grava maggiormente sul bilancio, ora compare anche uno stipendio d’oro. È quello di un medico cardiologo di 70 anni, ex proprietario di una casa di cura privata e candidato Udc alle regionali 2009. Per dirigere per tre anni l’Agenzia Regionale della Sanità (l’organismo tecnico-scientifico della Regione che supporta l’Assessorato Igiene e sanità e l’assistenza sociale) riceverà un compenso di 130 mila euro.

VALLE D’AOSTA – 1300 DIPENDENTI SU 128 MILA ABITANTI

Il regno incontrastato dell’Unione Valdotaine

La casta in Valle d’Aosta è una cosa seria, la politica è ovunque: un potentissimo Consiglio regionale di 35 membri, 74 consigli comunali, 8 Comunità montane, 10 Aziende pubbliche di promozione turistica, un consorzio Bim (bacini imbriferi montani), una Cva (Compagnia valdostana acque), un Consiglio permanente degli Enti locali (con tanto di Consorzio Enti locali come “braccio operativo”) che riunisce i 74 sindaci (quasi tutti dell’Union Valdotaine) deputato a “favorire l’integrazione dei comuni con la politica della Regione (ovviamente a guida Unione Valdotaine) più uno svariato arcipelago di partecipate. Conti alla mano, fanno circa 1. 300 persone (senza contare l’indotto di portaborse e collaboratori) che vivono di politica. Non male per una Regione di appena 128 mila abitanti. Senza considerare i costi esorbitanti: tra diaria e indennità, un consigliere regionale “base” sfiora i 10 mila euro al mese. A cui si aggiungono i vari aumenti in relazione alle “funzioni”: il presidente del Consiglio regionale prende 5. 771, 40 in più (come il presidente della Regione), l’assessore somma 4. 040, 54 euro all’indennità di consigliere. E se non è tra gli eletti, attenzione, in Val d’Aosta hanno introdotto l’indennità da assessore “tecnico”: ovvero chi è chiamato da fuori a gestire un settore della politica valdostana prende il 75 % dell’indennità da consigliere, la “paga” da assessore, due terzi della diaria, più un rimborso forfettario delle spese di viaggio. In totale fanno quasi 12 mila euro ogni 30 giorni. Ma non è facile che qualcuno si indigni per gli scandali: le mani dell’Union Valdotaine (tolta la redazione locale de La Stampa) si allungano fino all’informazione. La sede aostana dell’Ansa (totalmente indipendente da quella piemontese) riceve finanziamenti dalla giunta regionale e dall’assessorato al turismo. Quanto alla sede Rai (ovviamente un monocolore rossonero), riceve ogni anno 2 milioni di euro circa grazie a una convenzione con la Presidenza del Consiglio per la produzione di 110 ore di programmi televisivi e 78 ore di trasmissioni radio all’anno in lingua francese. Una Convenzione fondata sulla legge 103 del 1975 a tutela del bilinguismo; peccato che in Valle d’Aosta il francese lo parli lo 0, 9 % della popolazione.

FRIULI VENEZIA GIULIA – TREMILA EURO AL MESE PER RAGGIUNGERE TRIESTE DA PORDENONE

L’emendamento per sfuggire ai tagli “romani”

Un consigliere regionale in fondo prende 5. 500 euro al mese”. Per il presidente della Regione Friuli Venezia Giulia Renzo Tondo, che di euro al mese netti se ne porta a casa 7. 327 (secondo i dati forniti dal sito parlamentiregionali. it), si tratta in fondo di soldi sudati e guadagnati. Per ora, anche in questa regione a statuto speciale, di riduzioni, reali, ai costi della politica non se ne sono viste. Nel frattempo i politici regionali, oltre alle indennità, si portano a casa anche un rimborso vitto di 735 euro per 21 giorni di lavoro, più quello per l’uso della macchina che, a seconda della provincia di residenza, varia dai 533 euro per i triestini – sempre per tre settimane ma le settimane di presenza in Consiglio sono quasi sempre due – ai 3. 210 per chi arriva da Pordenone e deve farsi 117 chilometri. Gli stessi che intasca l’ex presidente del Consiglio regionale, il leghista Eduard Ballaman, dopo aver scorrazzato, a spese dei contribuenti per quasi due anni (dal 2008 al 2010), con l’auto blu per viaggi di piacere con la propria compagna.

E poi ancora altri 1. 300 euro di indennità di funzione. Tutti ovviamente esentasse. Mentre in attesa di una risposta da Roma, resta sulla carta, e forse entrerà in vigore dalla prossima legislatura, cioè dal 2013, la proposta di tagliare i consiglieri portandoli dagli attuali 59 a 49. Finora, quello che è riuscito a partorire il Consiglio regionale è solo il passaggio del vitalizio dal sistema retributivo a quello contributivo a partire però sempre dalla prossima legislatura.

Ma ci sarebbe una buona notizia: visto che le indennità dei consiglieri sono agganciate a quelle dei parlamentari e per la precisione corrispondono al 70 % di quanto guadagna un deputato, per forza di cose – considerati i tagli in vista – anche la loro busta paga sarà, per così dire, più magra. E invece no, perché grazie ad una mossa astuta, un emendamento inserito nella legge finanziaria 2012 e votato a novembre trasversalmente da tutti, con esclusione dell’Italia dei Valori, le indennità dei consiglieri sono state “blindate” e fissate a quanto loro stessi percepivano a gennaio dello scorso anno. Insomma, come ha denunciato il consigliere dell’Idv Alessandro Corazza, si è trattato di “una “messa in sicurezza” da nuovi tagli nazionali dell’indennità”, ma non solo anche dei soldi a disposizione dei gruppi Consiliari.

Ma c’è di più: “L’aver slegato l’indennità dei consiglieri da quella dei parlamentari e averla definita all’importo in vigore al 1 gennaio 2011, ha un effetto diretto anche sui vitalizi di chi è già in pensione e di chi ancora deve andarci, evitando che anche questi siano adeguati ai tagli romani”. E ad essere a rischio è anche il referendum proposto dal Comitato guidato da Giovanni Ortis e ora al vaglio del Tribunale, che chiede di abolire i vitalizi e la cosiddetta indennità di fine mandato, come ha indicato il consigliere Corazza: “Andando a modificare la legge sull’assegno vitalizio si fa decadere definitivamente il referendum abrogativo. In questo modo i Consiglieri regionali hanno eliminato quello che per loro rappresentava un problema non indifferente”.

venerdì 3 febbraio 2012

Conflitti attualmente in corso Aggiornato al 31 Gennaio 2012

Conflitti attualmente in corso


Aggiornato al 31 Gennaio 2012

AFRICA:

(24 Stati e 81 tra milizie-guerrigliere, gruppi separatisti e gruppi anarchici coinvolti)

Punti Caldi: Algeria, Libia, Nigeria, Puntland, Somalia, Somaliland, Sudan

Algeria: scontri tra esercito regolare e:
  • Gruppo islamico al-Qaeda nel Maghreb islamico (AQIM) dal 2005 (conosciuto in passato come Gruppo Salafita per la Predicazione e il Combattimento (GSPC) nel 2003)
  • Fronte islamico di salvezza (Fis)
  • Jamat Tawhid Wal Jihad Fi Garbi Afriqqiya (Movimento Unito per la Jihad in Africa Occidentale) da Dicembre 2011
-Angola: scontri tra esercito regolare e:
  • Fronte di Liberazione di Cabinda - Posizione Militare (Flec-PM) movimento secessionista dal 1975
  • Fronte per la Liberazione dell’Enclave di Cabinda - Forze armate di Cabinda (Flec-Fac)
-Ciad: scontri tra esercito regolare e Union of Resistance Forces (URF)
-Costa d’Avorio: scontri tra la milizia “Invisible Commandos” e le Forze Repubblicane del presidente neo-eletto Alassane Ouattara.
-Gibuti: scontri tra esercito regolare e ribelli Front for the Restoration of Unity and Democracy (FRUD)
-Egitto: scontri tra esercito regolare e Takfir wal-Hijra (gruppo islamico jihadista salafita)
-Eritrea: scontri tra esercito regolare e:
  • Democratic Movement for the Liberation of the Eritrean Kunama (DMLEK)
  • Eritrean Salvation Front (ESF)
  • Red Sea Afar Democratic Organisation (RSADO)
  • Continue tensioni per questioni di confine con l’Ethiopia e Gibuti
-Etiopia: scontri tra esercito regolare e:
  • ONLF (Ogaden National Liberation Front) lotta per l’Indipendenza dell’ Ogaden dal Governo Etiope dal 1984 (ha accettato di deporre le armi a Settembre 2010. Il 12 Ottobre 2010 ha firmato un accordo di pace con il Governo.)
  • Ogaden National Liberation Army (ONLA) ala armata dell’ONLF
  • Oromo Liberation Front (OLF) lotta per l’Indipendenza di Oromo dal Governo Etiope dal 1973 (Annuncio abbandono lotta armata il 31 Dicembre 2011)
  • Jijirama Oromo Liberation Front (Jijirama-OLF) da Gennaio 2012 (gruppo separatosi dall’ Oromo Liberation Front (OLF))
  • United Western Somali Liberation Front (UWSLF) dal 1970
-Kenya:
Muslim Youth Center (milizia somala collegata ad al-Qaida in Kenya)
-Libia: Consiglio di Transizione Nazionale, insieme all’aiuto della Nato, a fine ottobre 2011 ha vinto la guerra civile contro esercito Gheddafi.
  • Libyan Liberation Front (LLF) in Sahel
-Mali:
  • Movimento Nazionale per la liberazione di Azawad (NMLA) o Azawad National Liberation Movement (MNLA) è un Movimento Tuareg da Ottobre 2011
  • Northern Mali Tuareg Movement (MTNM)
-Mauritania: scontri tra esercito regolare e:
  • Gruppo islamico al-Qaida nel Maghreb islamico (AQIM) dal 2005 (conosciuto in passato come Gruppo Salafita per la Predicazione e il Combattimento (GSPC) nel 2003)
  • Gruppo Ansar Allah collegato ad al-Qaida nel Maghreb islamico (AQIM)
-Nigeria: scontri tra esercito regolare e:
  • Mend (Movimento per l’emancipazione del delta del Niger)
  • Forza volontaria popolare del Delta del Niger (NDPVF)
  • Boko Haram (setta islamica) dal 2002
  • Si segnalano anche continui scontri etnici e religiosi tra musulmani e cristiani nello stato di Plateau
-Repubblica Centrafricana: scontri tra esercito regolare e:
  • CPJP (Convention of Patriots for Justice and Peace Movement)
  • FDPC (Democratic Forces for the People of Central Africa)
-Repubblica Democratica del Congo: scontri tra esercito regolare e:
  • Lord’s Resistance Army (LRA) nate nel 1987 contro le forze armate congolesi e ugandesi
  • Popular Front for Justice in Congo
  • Independent Liberation Movement of the Allies conosciuto anche come (Nzobo ya Lombo)
  • Mai Mai Yakutumba Gedeo (Milizia pro-governativa)
  • Mai Mai Sheka
  • Mai Mai Hume
  • MaiMai Kifuafua
  • Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda (FDLR) o Forces Démocratiques pour la Libération du Rwanda (FDLR)
  • Alliance des patriotes pour un Congo libre et démocratique (APCLS)
  • Patriotes résistants congolais (PARECO)
  • Ribelli del Democratic Forces Allied Democratic - National Liberation Army of Uganda (ADF / NALU) attive nelle province del Nord Kivu, Sud Kivu, Maniema e Katanga
-Ruanda: Esercito ruandese contro la milizia Hutu ruandese
-Sahara Occidentale: Lotta del Fronte Polisario contro l’occupazione del Marocco.
-Senegal: Esercito Senegalese contro il Movement of the Democratic Forces of Casamance (MFDC) o Casamance Movement of Democratic Forces (MFDC) (in lotta dal 1982)
-Somalia: scontri tra esercito regolare e forze dell’Unione Africana (UA) e:
  • Al-Shabab gruppo somalo islamico (in December 2011 changed its name in Imaarah Islamiya)
  • Hizbul Islam o Partito Islamico gruppo islamico (nato il 4 Febbraio 2009 dall’unione di 4 gruppi)
  • Hisb al-Islam
  • Milizia Sufi Ahlu Sunna Wal Jamaca (ASWJ) (gruppo islamico pro-governativo contro Al-Shabab e Hizbal Islam dal 17 Marzo 2010)
  • Rahanweyn Resistance Army o Reewin Resistance Army (RRA) attivo nello Stato somalo del Southwestern dal 1995
  • Movimento Ras kamboni, pro governo somalo, attivo nel Jubaland o Azania
  • Shabelle Valley Administration (SVA) (milizia della Valle Shabelle, pro governo somalo anche se non riconosciuta dal Governo Centrale)
-Somaliland: scontri tra esercito e:
  • Sool, Sanag, Cayn (SSC)
  • Northern Somalia Unionist Movement (NSUM) e la sua ala armata Sool Sanaag Ayn Army (SSCA) (gruppo secessionista di SSC)
  • Spesso si verificano scontri con l’esercito del Puntland
-Puntland: scontri tra esercito e:
  • milizia Galgala
  • Spesso si verificano scontri con l’esercito del Somaliland
-Sudan:Il Governo è in lotta con le popolazioni del Darfur dal 2003. Si segnalano anche continui scontri con i ribelli:
  • Sudan Liberation Army (Sla) dal 2002
     -Sudanese Revolutionary Front (SRF) alleanza formata da 4 gruppi:
     |
     -Sudan People’s Liberation Movement-North (SPLM-N)
     |
     -Justice and Equality Movement (JEM) since 2006 (Aveva firmato un cessate il fuoco con il Governo nel Febbraio 2010)
     |
     -Sudan Liberation Movement Abdel Wahid (SLM-Nur) Abdul Wahid al Nur faction e la sua ala armata Sudan Liberation Army-Abdel Wahid (SLA-AW)
     |
     -Sudan Liberation Movement Minni Minnawi (SLM-Minnawi) e la sua ala armata Sudan Liberation Army-Minni Minnawi (SLA-MM) attivo in Darfur
     -Darfur:
     |
     -Sudan Liberation Movement – Revolutionary Forces (SLM-RF) since 2006
     |
     -National Redemption Front (NRF) since 2006
     |
     -Liberation and Justice Movement (LJM), include 10 piccoli gruppi ribelli dal Febbraio 2010 (Ha firmato il cessate il fuoco con il Governo Sudanese del Nord il 14 Luglio 2011)
     |
     -Sudan People’s Liberation Army/Movement (SPLA/M) e la sua ala armata Sudan People’s Liberation Army (SPLA) or Sudan People’s Liberation Movement (SPLM)
-Sud Sudan: scontri tra esercito regolare e:
  • People’s Liberation Movement North (SPLM-N) (affiliato al Sudan People’s Liberation Army/Movement (SPLA/M))
  • South Sudan Liberation Army (SSLA) milizia di Peter Gadet
  • Milizia Philip Bepan (attivo nel Sud Sudan)
  • The National Democratic Front dal 25 Settembre 2011
  • Milizia Gatluak Gai (attivo nel Sud Sudan)
  • Milizia Gabriel Tang chiamato anche Tang Ginye (attivo nel Sud Sudan)
  • South Sudan Democratic Movement (SSDM) e la sua ala armata South Sudan Democratic Army (SSDA) di George Athor Deng
  • Forze di David YauYau
  • Milizia etnica Johnson Oliny
  • Milizia Ultan Abdel Bagi Ayii Akol
  • Milizia Peter Lorot
  • South Sudan People Liberation Movement e la sua ala armata (South Sudan People Liberation Army) (SSPLM/SSPLA) guidato dal Maggiore Generale Tong Lual Ayat (dal Dicembre 2011)
-Uganda: scontri tra esercito regolare e:
  • Lord’s Resistance Army (LRA) nato nel 1987 contro le forze armate ugandesi e congolesi
  • Al-Shabab gruppo somalo islamico


ASIA:

(16 Stati e 79 tra milizie-guerriglieri, gruppi separatisti e gruppi anarchici coinvolti)

Punti Caldi: Afghanistan, Birmania-Myanmar, Pakistan

Afghanistan: guerra tra esercito regolare afghano e forze Onu contro:
  • Rete Haqqani
  • Shura di Peshawar (est Afghanistan)
  • Shura di Quetta
  • Hezb-e-Islami Gulbuddin (HIG) dal 1977
  • Hezb-e Islami Khalis (HIK) dal 1979
  • Emirato Islamico dell’Afghanistan
Birmania-Myanmar: scontri tra esercito regolare e:
           -Membri dell’Alleanza        |        -Kachin Independence Army (KIA) ala armata di Kachin Independence Organization (KIO)        |        -Milizia etnica del Karen National Union (KNU) la cui ala armata è Karen National Liberation Army (KNLA) dal 1949. (firmato il cessate il fuoco a Gennaio 2012)        |        -Shan State Army-North (SSA-North) (firmato il cessate il fuoco a Febbraio 2012)        |        -Shan State Army-South (SSA-South) (informalmente accettato il cessate il fuoco a Novembre 2011)        |        -Karenni Army (KA) ala armata del Karenni National Progressive party (KNPP)        |        -Chin National Front (CNF) (informalmente accettato il cessate il fuoco a Novembre 2011)        |        -New Mon State Party (NMSP) (firmato pirmo accordo sul cessate il fuoco il 1 Febbraio 2012)
  • milizia etnica dei Kokang (Myanmar National Democratic Alliance Army (MNDAA) o Kokang Democracy Party o Eastern Shan State Army dal 1989
  • Democratic Karen Buddhist Army (DKBA) (raggiunto il cessate il fuoco con il governo a Novembre 2011)
  • Brigade 5 fazione interna del (DKBA) (raggiunto il cessate il fuoco con il governo a Novembre 2011)
  • Esercito di Dio o God’s Army (era un ramo del Karen National Union)
  • Ribelli Shan del Myanmar Peace and Democracy Front (MPDF)
  • United Wa State Army (UWSA) ala armata dello United Wa State Party (UWSP) dal 1989 (UWSA ha firmato un cessate il fuoco con il governo il 6 Settembre 2011)
  • Lahu National Democratic Front [LNDF]
  • Mong Tai Army (MTA)
  • Palaung State Liberation Front (PSLF)
  • United Wa State Army (UWSA)
  • Kuki National Army (KNA)
  • Arakan Liberation Army (ALA) ala armata dell’ Arakan Liberation Party (ALP)
Cina: scontri tra esercito regolare e East Turkestan Islamic Movement (ETIM)
Coree: Schermaglie al confine tra Corea del Nord e Corea del Sud
Filippine: scontri tra esercito regolare e:
  • gruppo separatista islamico Abu Sayyaf dal 1990
  • gruppo separatista islamico Moro Islamic Liberation Front (MILF) dal 1981
  • Revolutionary Proletarian Army-Alex Boncayao Brigade (RPA-ABB) dal 1994
  • New People’s Army (ala armata del Partito Comunista delle Filippine) dal 1969
India: scontri tra esercito regolare ed i seguenti gruppi ribelli:
  • separatisti islamici del Kashmir il Fronte per la Liberazione del Jammu (JKLF) dal 1977
  • Mujahedeen Hezb-ul (HuM) dal 1989
  • Lashkar-e-Taiba (Let) dal 1989
  • Maoisti di Orissa dal 2004
  • Maoisti Naxaliti del Communist Party of India (CPI) del Jharkhand dal 1967
  • Nationalist Socialist Council of Nagaland (NSCN) since 1980
  • Ribelli di Assam dello United Liberation Front of Asom (ULFA) dal 1979 (aveva firmato il cessate il fuoco con il Governo il 4 Settembre 2011)
  • Comitato per il popolo contro la politica di atrocità
  • National Democratic Front of Bodoland (NDFB)
  • People’s Liberation Guerrilla Army
  • Indian Mujahideen dal 2008
  • Garo National Liberation Army (GNLA)
  • People’s Liberation Front of India (ANI)
    Manipur Peoples Liberation Front (Organizzazione formata da 3 gruppi separatisti)
           |
           -People’s Liberation Army of Manipur (PLA) (gruppo ribelle nello stato di Manipur)
           |
           -United National Liberation Front (UNLF) dal 1964 (gruppo ribelle nello stato di Manipur)
           |
           -People’s Revolutionary Party of Kangleipak (PREPAK) dal 1977 (gruppo ribelle nello stato di Manipur)
  • Adivashi Peoples Army (APA) (deposto le armi Gennaio 2011)
  • All Adivashi National Liberation Army (AANLA) (deposto le armi Gennaio 2011)
  • Santhal Tiger Force (STF) (deposto le armi Gennaio 2011)
  • Birsa Commando Force (BCF) (deposto le armi Gennaio 2011)
  • Adivashi Cobra Military of Assam (ACMA) (deposto le armi Gennaio 2011)
  • Kuki Liberation Organisation (KLO) e la sua ala armata Kuki Liberation Army (KLA) (deposto le armi Gennaio 2011) (deposto le armi Gennaio 2011)
  • Kuki Revolutionary Army (KRA) (deposto le armi Gennaio 2011)
  • Hmar People’s Convention (HPC) (deposto le armi Gennaio 2011)
  • United Kukigam Defence Army (UKDA) (deposto le armi Gennaio 2011)
  • Ogni tanto si segnalano scontri al confine tra esercito indiano e pakistano
Indonesia: scontri tra esercito regolare e:
  • Free Papua Movement Rebels
  • Gruppo islamico Jemaah Islamiyah o Jemaah Islamiah (JI),collegate ad al-Qaeda, dal 1993
  • piccoli gruppi ribelli separatisti ad Aceh
  • FAI Informal Anarchist Federation, Indonesia Section.
Kazakhstan: scontri tra esercito regolare ed il gruppo islamico chiamato Jund al-Khilafah (Soldati del Califfato)
Kyrgyzstan: scontri tra esercito regolare e:
  • Hizb ut-Tahrir (gruppo islamico)
Nepal: scontri tra esercito regolare e Unified Communist Party of Nepal (Maoist) dal 1994
Pakistan:
  • Ribelli di Lashkar-e-Taiba (Let)
  • Movimento dei talebani del Pakistan (TTP) o Tehrik-e-Taliban Pakistan (TTP)
  • Scontri tra esercito regolare e ribelli talebani nel (Sud Waziristan dal 2008)
  • (Beluchistan con il Balochistan Liberation Army (BLA) dal 2000)
  • Movimento di Shahzain Bugti (separatisti del Balochistan)
  • Jaish-e-Mohammed (JeM)
  • Punjab Taliban
  • Brigate Abdullah Azzam Shaheed (AASB) collegate ad al-Qaeda
  • Gruppo Haqqani guidato da Jalaluddin Haqqani nel Nord Waziristan collegato ad al-Qaeda dal 2006
  • Jihad Islami
  • 313 Brigade (una unità dell’organizzazione del gruppo militante del Bangladesh chiamata Harkat-ul-Jihad al Islami (HUJI))
  • Lashkar-e Jhangvi Al-Alami
  • Ogni tanto si segnalano scontri al confine tra esercito pakistano ed indiano, la prima guerra risale al 1949
Sri Lanka:
  • Upsurging People’s Force dal 2006
  • People’s Liberation Front
Tajikistan: scontri tra esercito regolare e:
  • Movimento Islamico dell’Uzbekistan (IMU)
  • Gruppi armati comandati da Mirzokhouja Ahmadov e Mullo Sayriddin (arresi alle Forze Governative a Ottobre 2010)
  • Movimento Islamico Hizb ut-Tahrir
Thailandia: scontri tra esercito regolare e:
  • Gruppo separatista Patani Malay National Revolutionary Front Coordinate o (BRN-C)
  • Runda Kumpulan Kecil (RKK) dal 2004
Uzbekistan::
  • Uzbekistan’s Islamic Jihad Union (IJU) o Islamic Jihad Group (IJG)


EUROPA:

(9 Stati e 49 tra milizie-guerriglieri, gruppi separatisti e gruppi anarchici coinvolti)

Punti Caldi: Russia

Francia: azioni armate del:
  • Fronte di Liberazione Naziunale Corsu (FLNC) precedentemente divisi in Brigate Rivoluzionarie Corse (BRC)
  • Armata di Liberazione Nazionale Corsa (ALNC) contro la presenza francese nell’isola dal 1976
Georgia: Dopo la guerra tra Georgia e Russia/Abkazia/Ossezia del Sud nel 2008, si segnalano tensioni confine
Grecia: Si segnalano azioni terroristiche da parte di:
  • Lotta Rivoluzionaria (Ea)
  • Cospirazione dei nuclei di fuoco
  • Setta dei Rivoluzionari (SR)
  • Tolleranza Zero (Gruppo anarchico)
  • Cospirazione delle cellule di fuoco/FAI/ Fronte Rivoluzionario Internazionale
  • Fronte Rivoluzionario Internazionale/ Cospirazione delle cellule di fuoco/ Gruppi rivoluzionari per la diffusione del terrore nucleo dei vandali.
  • Fronte Rivoluzionario Internazionale/ Complicità terrorista guerrieri dell’abisso comando Severino
    di Giovanni
  • Fronte Rivoluzionario Internazionale/Condotte devianti per la diffusione del terrorismo
    rivoluzionario/ Cellula d’azione anarchica
  • Cellula di Solidarietà Rivoluzionaria-FAI
  • Fronte Rivoluzionario Anarchico/condotte devianti per la diffusione del terrorismo
    rivoluzionario/Cellula di attacco riflessivo
  • FAI/Cell of Aggressive Coscience
  • Fronte Rivoluzionario Internazionale/Cospirazione cellule di fuoco/ Gruppi rivoluzionari per la
    diffusione del terrore/ Cellula Anormal-Heretics
Irlanda del Nord:
  • Ulster Defense Association (UDA) dal 1971 rivendica le sue azioni nell’ Irlanda del Nord sotto il nome di Ulster Freedom Fighters (Protestante)
  • Red Hand Defenders dal 1998 (Protestante)
  • Ulster Young Militants dal 1974 (Protestante)
  • Ulster Resistance dal 1989 (Protestante)
  • Ulster Volunteer Force (UVF) (Protestante)
  • Orange Volunteers dal 1998 (Protestante)
  • Continuity Irish Republican Army (CIRA) o The Continuity IRA dal 1986 (gruppo paramilitare repubblicano)
  • Real Irish Republican Army or Real Ira dal 1997 (Repubblicano)
  • Irish Republican Army (creato da precedenti membri del Provisional IRA) dall’ Aprile 2011
Italia:
  • Federazione Anarchica Informale (FAI)/Cellula Rivoluzionaria Lambros Fountas dal 2003
  • Federazione Anarchica Informale (FAI)/Cooperativa Artigiana fuoco e affini (occasionalmente spettacolare)/Fronte Rivoluzionario Internazionale.
  • Federazione Anarchica Informale (FAI)/Brigata 20 Luglio/Fronte Rivoluzionario Internazionale
  • Federazione Anarchica Informale (FAI)/Sorelle in armi nucleo Mauricio Morales/ Fronte Rivoluzionario Internazionale
  • Federazione Anarchica Informale (FAI)/Solidarietà Internazionale
  • Federazione Anarchica Informale (FAI)/Rivolta Animale
  • Federazione Anarchica Informale (FAI)/Nucleo Rivoluzionario Horst Fantazzini
  • Federazione Anarchica Informale (FAI)/Cellule contro il Capitale il Carcere i suoi Carcerieri e le sue Celle
  • Federazione Anarchica Informale (FAI)/Cellule armate per la solidarietà internazionale
  • Federazione Anarchica Informale (FAI)/Rivolta Anonima Terribile (RAT)
  • Federazione Anarchica Informale (FAI)/Cellule metropolitane
  • Federazione Anarchica Informale (FAI)/Narodnaja Vojla
  • Il Silvestre (gruppo anarchico ecologista)
  • Gruppi armati patriottici (Gap) dal 2011
  • Nucleo Galesi per i Pac (Proletari Armati per il Comunismo)
  • Movimento Armati Proletari
  • Movimento Fronte Rivoluzionario dal 2011
Nagorno-Karabakh: Scontri al confine del Nagorno-Karabakh tra Armenia e Azerbaijan
Russia: Scontri tra esercito russo e:
  • Caucasus Mujahideens chiamati anche Mujahideen of Idel Ural (Milizia indipendentista islamica cecena in Cecenia, Inguscezia e Daghestan dal 1991)
  • Movimento separatista islamico Emirato Caucaso del Nord (Milizia indipendentista islamica cecena in Cecenia, Inguscezia e Daghestan dal 1991)
  • Commando delle Province Kabarda, Balkaria e Karachai
  • Riyad-us-Saliheen Martyrs’ Brigade (Ingush Mujahideen Commander)
  • Far Eastern guerrillas
  • Jamaat Nogai (Battaglione Nogai) gruppo islamico wahabita
  • Gruppo Terroristo Caspian (presente in Daghestan)
  • ELF Russia Informal Anarchist Federation (FAI)/International Network of action e solidarity/
    Fronte Rivoluzionario Internazionale
Spagna: scontri tra esercito regolare e gli indipendentisti dei Paesi Baschi dell’ Euskadi Ta Askatasuna (Eta) dal 1968 (il 20 Ottobre 2011 ha dichiarato una definitiva cessazione della sua attività armata)


MEDIO ORIENTE:

(8 Stati e 76 tra milizie-guerriglieri, gruppi separatisti e gruppi anarchici coinvolti)

Punti Caldi: Iraq, Israele, Siria, Turchia, Yemen

Arabia Saudita: scontri tra esercito regolare e ribelli al-Houthi dal 2009
Iran: scontri tra esercito regolare e:
  • gruppo sunnita Jundallah o Soldiers of God o People’s Resistance Movement of Iran (PRMI) dal 2003
  • Partiya Jiyana Azad a Kurdistanê (PJAK) o Party of Free Life of Kurdistan dal 2004
  • Mojahedin-e Khalq Organization gruppo islamico di sinistra o People’s Mujahedin Organization of Iran (PMOI) (con sede in Iraq, ma contrle la Repubblica Islamica dell’ Iran) dal 1965
Iraq: scontri tra esercito regolare e Americano/inglese contro milizie islamiche:
  • Ba’athisti
  • Wahhabiti
  • Salafisti islamici
  • Milizie Shia o milizia Mahdi o Jaish al-Mahdi (JAM) guidata da Moqtada al-Sadr dal 2003 (attività militari sospese nel 2008)
  • Sahwa a Qaim o Sons of Iraq
  • Stato Islamico dell’Iraq (ISI) (collegato ad al-Qaeda)
  • Consiglio dei mujaheddin della Sharia (11 gruppi sunniti)
  • Alliance Ilfh al-Motaiyabin (Alleanza dei profumati)
  • Ansar al-Islam o Jund Al-Islam (Soldati dell’ Islam) (gruppo islamico sunnita curdo) dal 2001
  • Mojahedin-e Khalq Organization gruppo islamico di sinistra o People’s Mujahedin Organization of Iran (PMOI) (con sede in Iraq, ma contro la Repubblica Islamica dell’ Iran) dal 1965
  • Ansar al-Jihad al-Alami (Sostenitori della Jihad Globale)
  • Jaish al-Tariqa al-Nakshabandia (gruppo militante islamico sunnita)
  • Asaib Ahl al-Haq (AAH) o Khazali Network (gruppo insorto sciita)
  • Islamic Front for the Iraqi Resistance dal 2004
  • al-Qaeda in Iraq (AQI)
  • Jama’at al-Tawhid wal-Jihad (”Gruppo del Monoteismo e Jihad”) o Tanzim Qaidat al-Jihad fi Bilad al-Rafidayn (QJBR) dal 2004

Front for Jihad and Change(formato da 8 gruppi)
    |
     -1920 Revolution Brigades
    |
     -Jaish al-Rashideen
    |
     -Jaish al-Muslimeen
    |
     -Islamic Movement of Iraq's Mujahideen
    |
     -Jund al-Rahman
    |
     -Saraya al-Dawa wa'l Ribaat
    |
     -Empowerment Brigades
    |
     -Battalions of Muhammed al-Fatih




Israele:
scontri tra esercito regolare ed una lista di 5 ale armate, 20 gruppi armati, 1 fazione e 1 fazione armata (inclusi i 6 partiti politici):


Hamas (dal 1987) gruppo politico ed armato
    |
     -Brigate Izz ad-Din al-Qassam (ala armata)


Palestinian Islamic Jihad (PIJ) (dal 1970) gruppo armato
    |
     -Brigate Al-Quds (Jerusalem brigades) (ala armata)


Comitati di Resistenza Popolare (PRC) (dal 2000) gruppo armato
    |
     -Brigate Al-Nasser Salah al-Deen Brigades (ala armata)


Palestine Liberation Organization (PLO) (dal 1964) gruppo armato
    |
     -Marxist-secular Popular Front for the Liberation of Palestine (PFLP) (dal 1967) gruppo armato
    |
     -Abu Ali Mustapha Brigades (ala armata)
    |
     -Democratic Front for the Liberation of Palestine (DFLP) (dal 1969) partito politico
    |
     -Abu Nidal organization (ANO) o Fatah - the Revolutionary Council (FRC) (da 1974) gruppo armato
    |
     -Palestine Liberation Front (PLF) (da 1977) gruppo armato
    |
     -Arab Liberation Front (ALF) (da 1969) partito politico
    |
     -As-Sa'iqa or Vanguard for the Popular Liberation War (VPLW) (dal 1966) partito politico
    |
     -Palestinian Popular Struggle Front (PPSF) (da 1967) partito politico
    |
     -Palestinian Arab Front (PAF) (dal 1968) fazione minore
    |
     -Fatah or Movement for the National Liberation of Palestine (dal 1960) partito politico
            |
             -Tanzim (dal 2000) fazione armata militante
            |
             -Force 17 (dal 1970) (ora come Palestinian Presidential Guard) gruppo armato
            |
             -Fatah Special Operations Group (Fatah-SOG) or Martyrs of Tel Al Za'atar, Hawari, e Amn Araissi (dal 1970) gruppo armato non più attivo
            |
             -Ahmed Abu Reish Brigade gruppo armato
            |
             -Al Aqsa Martyrs Brigade (dal 2000) gruppo armato
            |
             -Al-'Asifah (dal 1964) ala armata



Altri gruppi armati:
    |
     -Holy Jihad Brigades (dal 2006) gruppo armato
    |
     -Jamaat Ansar al-Sunna (Iraq salafi group that has a Gaza armed fazione) gruppo armato



Gruppi armati collegati ad al-Qaeda
    |
     -Esercito dell'Islam (Jaysh al-Islam) o Organizzazione di al-Qaeda in Palestina o Esercito Palestinese dell'Islam o Tawhid Al Jihad o Jihad Brigades operante nella Striscia di Gaza (si è diviso da Al-Nasser Salah al-Deen Brigades) gruppo armato
    |
     -Jund Ansar Allah ( Guerrieri di Allah) (dal 2008) gruppo armato
    |
     -Fatah al-Islam (dal 2006) gruppo armato
    |
     -Jaljalat (dal 2009) operante nella Striscia di Gaza. gruppo armato
    |
     -Leoni dei mujahidin in Palestina (dal 2010) gruppo armato
    |
     -Brigata Mohammed Bin Moslama (gruppo salafita)
    |
     -Abu al-Hareth
    |
     -Jaysh al-Umma




Libano: scontri tra esercito regolare e:
  • Gruppo islamico Fatah al-Islam dal 2006
  • Jund al-Sham
  • Osbat al-Ansar o Usbat Al-Ansar (Banda di Sostenitori) dal 1990
  • Hezbollah ala armata dal (1982)
  • Brigate Abdullah Azzam dal 2009 (legato ad al-Qaeda)
Siria: scontri tra esercito regolare (Guerra civile in corso) e:
  • Syrian Revolution Co-ordinating Union (contro la famiglia reale Bashar) nel nord al confine con la Turchia dal 2011.
  • Esercito siriano libero (Esl) si autodefinisce “al-Farouq brigade of the Free Syrian Army” dal 2011
Turchia: scontri tra esercito regolare e:
  • Ribelli del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) dal 1978 (concluso cessate il fuoco a Febbraio 2011)
        |
         -People’s Defense Forces (HPG) (ala armata del PKK)
  • Falchi per la libertà del Kurdistan (Tak) dal 2004
  • Partito-Fronte di liberazione del popolo rivoluzionario (DHKP/C) dal 1978
Yemen: scontri tra esercito regolare e:
  • al-Houthi o Houthis (ribelli Shiiti Musulmani) dal 2004
  • ribelli Shia nel governatorato di Saada nel nord
  • al-Qaeda in the Arabian Peninsula (AQAP)
  • Al-Janoob al-Har - the Free South (Movimento separatista del sud)
  • Southern Secessionist Movement o South Yemen Movement o Southern Separatist Movement o Harak (dal 2007)
  • Aden-Abyan Army da Ottobre 2010
  • Ansar al-Sharia (gruppo sospettato di avere collegamenti con al-Qaeda)
  • Joint Meeting Parties (JMPs)
  • Partigiani della Sharia (collegati ad al-Qaeda)
  • Islamic Jihad Group
  • Salafi (gruppo Islamico Sunnita)
  • Scontri tra truppe leali al Presidente Ali Abdullah Saleh contro le truppe che supportano il Generale Ali Mohsen al-Ahmar che ha disertato per allearsi con l’opposizione e contro la confederazione tribale Hashid


AMERICHE:

(5 Stati e 24 tra cartelli della droga, milizie-guerrigliere, gruppi separatisti e gruppi anarchici coinvolti)

Punti Caldi: Colombia, Messico

Cile: Si segnalano azioni terroristiche da parte di:
  • Frente Internacional Rivoluzionario/Comando Insurrecional Aracely Romo
  • Comando 8 de dicembre Coordinamento Internacional FAI
Colombia: scontri tra esercito regolare e:
  • Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (FARC) dal 1964
  • Esercito di Liberazione Nazionale (ELN) dal 1964
Ecuador: scontri tra esercito regolare e le Armed Revolutionary Insurgent Forces of Ecuador
Messico: scontri tra esercito regolare e:
  • Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (Ezln), pacifico rivoluzionario, attivo nello Stato del Chiapas dal 1994
  • Cartello di Sinaloa (Cartello della droga messicano)
  • Cartello di Juarez con il suo braccio armato La Linea (Cartello della droga messicano)
  • Cartello di Los Zetas (Cartello della droga messicano)
  • Cartello del Golfo (Cartello della droga messicano)
  • Cartello di Tijuana (Cartello della droga messicano)
  • Cartello di La Familia (Cartello della droga messicano)
  • Cartello di Beltrán-Leyva (Cartello della droga messicano)
  • Celulas Autonomas de Revolucion Inmediata Praxedis G. Guerriero.
  • Federacion Anarquista Informal/Acrata
  • Frente de Liberacion de la Tierra (FLT)/ Red Internacional de accion y solidaridad Grupo Informal Anti-civilizacion
  • Frente de Liberacion de la Tierra (FLT)/ Federacion Anarquista Informal- Red Global
  • Nucleo Insurrecto Sole-Baleno de las Celulas Autonomas de revolucion inmediata Praxedis
    Guerriero/FAI
  • Comando de Individuos Libres, Peligrosos, Salvajes e Incendiarios por la Peste Negra /FAI/Red
    Global
  • Ludditas contra la domesticacion de la naturalezza Salvaje/FAI/Red Global
  • Celula Eco Anarquista por el ataque directo/FAI/Red Global
  • Brigada de accion Revolucionaria por la propaganda por el hecho y la accion armada-Simon
    Radowisky/FAI/ Red Global
Peru: scontri tra esercito regolare e:
  • Sendero Luminoso (Partido Comunista del Perú - Sendero Luminoso, PCP-SL) dal 1969
  • Circulo de accion Iconoclasta/FAI

TOTALE:


Totale degli Stati coinvolti nelle guerre 61
Totale Milizie-guerriglieri e gruppi separatisti coinvolti 309

Mr Berlusconi parla al Financial Times: "Ho la percentuale più alta di gradimento personale. Sono un pericolo pubblico. Ma non mi ricandiderò"

"Ho la percentuale più alta di gradimento personale. Sono un pericolo pubblico. Ma non mi ricandiderò". Silvio Berlusconi si fa intervistare dal quotidiano londinese e annuncia di essersi "fatto da parte anche dentro al partito". Tesse le lodi di Monti e si augura che possa riformare la Costituzione. 

"Sono un pericolo pubblico, se scendo per strada si ferma il traffico, non posso andare a fare shopping...La mia percentuale di gradimento è doppia rispetto a Merkel e Sarkozy, i sondaggi dicono 36%". Nonostante tutto questo, Silvio Berlusconi giura che non si ricandierà, e lo fa con un'intervista al Financial Times, nella quale annuncia che anche il popolo delle Libertà, prima delle prossime elezioni, farà ricorso alle primarie per decidere chi dovrà essere il suo successore.
 
"Mi sono dimesso con senso di responsabilità ed eleganza, dice l'ex premier al FT, "contro di me c'era una campagna ossessiva da parte della stampa nazionale e internazionale", e nonostante "la crisi fosse chiaramente legata all'Europa e all'euro, ho deciso di farmi da parte per non danneggiare ulteriormente il paese". 
 
Ma cosa ne pensa Berlusconi di Monti, e dell'operato del suo governo? Tutto il meglio possibile. Il Financial Times parla di un vero e proprio "endorsment" nei confronti dell'attuale esecutivo. Unica lamentela, l'ulteriore aumento della tasse su cui il Cavaliere - come è noto - non era e non è d'accordo. Per il resto Berlusconi ha tessuto le lodi di Monti, e in particolare per l'attuale tentativo di riformare il mercato del lavoro. Anzi, nell'intervista esprime anche un auspicio: che il governo "tecnico" possa giungere a riformare la Costituzione, che come si sa secondo il nostro ex premier rende il paese ingovernabile. 

Mc Donald's, topo nell'hamburger. ''Pulisci il panino e servilo''

GUARDIAMO IL VIDEO di Ray Johnson, il comico non è mai apparso in televisione, milionario grazie a YouTube




Ray William Johnson è un comico milionario, ma non è mai apparso in televisione e ha iniziato per gioco (dice) a postare video su YouTube. Il suo canale su Youtube parla chiaro: conta già più di 1.571.871.340 visite.
Repubblica ha raccontato la sta storia.
"Il comico più visto del mondo non ha mai fatto uno show in tv, non è mai comparso in un film e il palcoscenico non sa neppure cos'è. Il comico più visto del mondo da grande voleva fare lo storico e alla Columbia University aveva anche buoni voti prima di mollare tutto per inseguire una carriera da un milione di dollari. Perché il comico più visto del mondo è diventato una star e si è arricchito facendo quello che più o meno ogni ventenne fa ogni giorno in ogni angolo del pianeta: postando video su YouTube"
Il successo di Ray Willams Johnson è ormai studiato come un caso interessante da punto di vista sociologico, culturale oltre che economico. Infatti il miliardo e mezzo di persone che hanno cliccato i suoi video ha fatto incuriosire gli esperti di molte discipline. Il Wall Street Journal si chiede, in una breve riflessione, chi sia e comincia l'articolo dicendo che "Non servono più i media per creare una star dei media". Che il trionfo di Ray sia la dimostrazione che oggi non servono più i media tradizionali, come la televisione, ma che siamo entrati in un'era in cui la Rete fa circolare attraverso nuovi canali i personaggi che interessano ala gente?
Su Twitter ha già più di 800.000 follower. Di sé scrive:
"Vivo facendo pochi show. E sono sessualmente attratto dalle donne che somigliano ad Abramo Lincoln"
Su Facebook scrive poche info:
"Produco pochi spettacoli. Mangio anche gli unicorni"
Repubblica spiega poi come fa il comico ad arrivare a profitti così alti:
"Al milione il buon Ray ci arriva con il merchandising: anche questo declinato nell'era di Internet. Per esempio su iTunes vanno forte le applicazioni che portano la sua firma. Tra cui quella che promette di "avere finalmente la possibilità di prendere a schiaffi Ray": naturalmente sull'iPhone. Sono appena 99 centesimi a persona. Ma moltiplicate un dollaro per tutti i suoi fan".


Il suo impero dilaga su Facebook. Dove il comico più visto del mondo rilascia perle che si spera nessuno vorrà mai cogliere:
«Provate questa: funziona! Primo: trattenete il respiro per venti minuti. Secondo: schiattate…». Ma come ha fatto a fare tanti soldi su YouTube? Il sito inventato da Chad Hurley, Steve Chen e Jawed Karim, tre ragazzi che lavoravano a PayPal, il servizio di pagamenti online, è ormai un altro pianeta rispetto al debutto di sette anni fa. I tre avevano in mente una specie di sito d´appuntamenti che avrebbe dovuto fare boom proprio grazie ai video. Ma il progetto iniziale si trasformò strada facendo. Del resto già il primo video aveva assai poco di romantico: “Io allo zoo” è ormai un cult e mostra appunto il cofondatore Karim allo zoo di San Diego, 23 aprile 2005. Già il fatto che una sciocchezza del genere da allora sia stata vista da cinque milioni di persone dà un´idea del potenziale di traffico. Ma la svolta di YouTube è arrivata con l´acquisizione da un miliardo e mezzo di Google. Il gigante ora vuole trasformarla in una vera tv online e ha già lanciato 100 nuovi canali.

giovedì 2 febbraio 2012

Il CRIMINALE buon burratino di Monti ci tiene molto a fare bella figura con i suoi padroni, La Germania vuole le 2700t di oro italiano per pagare solo il 10% del debito fraudolento

Nuovo tentativo d’attacco alle riserve auree italiane. Oramai anche i bambini l’hanno capito. Le 2700 tonnellate d’oro dell’Italia fanno gola ai creatori signoraggio bancario. Oro in cambio di numeri; possibilmente prima che il popolo addormentato si risvegli dal lungo sonno accorgendosi che i pezzi di carta a cui convenzionalmente viene attribuito un valore, in realtà non valgono nulla.





 oggi il prezzo dell'oro è circa 1700 dollaro all'oncia. praticamente dovremmo dare via tutta la

nostra riserva d’oro, per pagare circa il 10% di un debito che non esiste.
Questa e’la piu grande truffa mai fatta. E noi pensavamo di essere i piu furbi di tutti.
Ma dove sono gli italiani veri??? Quelli che non si fanno fottere cosi facilmente
Il debito e’ una truffa creata dalle banche centrali per impossessarsi dei beni reali delle nazioni. Questo tipo di attacco e’stato usato spesso contro i paesi Africani e quelli del Sud America mandandoli ripetutamente in bancarotta. Adesso il Fondo Monetario Internazionale sta cercando di avere sotto il suo controllo anche i paesi occidentali.
L’Italia e’ una delle nazioni piu’ attraenti. Non solo per la nostra vasta riserva aurea, ma anche per il valore dei nostri beni reali. Siamo sotto attacco, questa e’ una guerra finanziaria che rischia di ucciderci completamente. Gia’ non contiamo nulla nel campo militare, se perdiamo anche la nostra vera ricchezza, i nostri beni reali, ….e’ la fine!
IL DEBITO NON VA PAGATO E’ UNA TRUFFA…..
….LA PIU GRANDE TRUFFA!!!
Secondo il grafico della CNBC di settembre 2011, l’Italia ha la quarta più grande riserva aurea al mondo. Ne ha circa 2701 tonnellate, valutate a 157 miliardi di dollari.
Ora, se si calcola che il debito e di 2,6 trilioni di dollari. Ciò significa che l’oro dovrebbe essere rivalutato tra 25000 e 30000 dollari l’oncia per cancellare completamente il debito.
Se l’oro sarà destinato a cancellare il debito globale, il suo valore dovrà essere a nord dei 20000 dollari per oncia.
Il Fondo Monetario Internazionale affonderà i suoi artigli in Italia cercando di ottenere la firma del memorandum che gli farà cedere i propri diritti costituzionali. Come hanno fatto con l’Irlanda e come hanno fatto con la Grecia.

Caro Monti ci vuoi vedere Precari e felici? Si può. Ma non in Italia, Si chiama flexsecurity grazie a essa in Danimarca i giovani lavorano.

L'ANALISI - Nel paese nordico la massima flessibilità si coniuga con alti sussidi di disoccupazione. Un modello virtuoso al quale ispirarci
giovani lavoro e1328135594202 500x315 Precari e contenti: in Danimarca i giovani lavorano. Grazie alla Flexsecurity 
Precari e felici? Si può. Ma non in Italia. Si chiama flexsecurity, un neologismo che sta ad indicare la flessibilità sicura nel mercato del lavoro, una concezione totalmente opposta a quella che vige nel nostro paese dove il sogno del posto fisso, sogno peraltro sempre più irrealizzabile, sembra essere l’unica speranza per una vita dignitosa.
Flessibilità e sicurezza, il modello danese. Arriva dalla Danimarca e sembra essere la formula ideale per ridare anche ai giovani italiani la possibilità di tornare a sperare. Ma come è possibile coniugare flessibilità contrattuale alla sicurezza del reddito? Nel paese nordico non esistono posti fissi. Si può essere licenziati. Ma allo stesso tempo lo Stato garantisce un reddito minimo per due anni con l’obbligo di riqualificarsi con corsi di formazione e di lavoro non retribuito. Questo modello è stato applicato in Danimarca per la prima volta nel 1993, diciannove anni fa. Un tempo sufficiente nel quale ha dimostrato di aver funzionato piuttosto bene, migliorando le condizioni di tutti i lavoratori e ridando competitività alle aziende, valorizzando maggiormente il merito e la capacità.
Una speranza per i giovani. A causa della crisi il sistema danese è stato messo duramente alla prova. Se prima il sussidio era di sette anni, recentemente è stato portato a due. Inoltre, il tasso di disoccupazione, che nel 2008 era del 3,4%, è salito quasi ai livelli italiani (7,8% contro l’8,9%). Ma il dato veramente significativo è quello relativo alla disoccupazione giovanile. Nel paese nordico gli under 25 che sono senza impiego rappresentano il 14%, ben sette punti percentuali in meno rispetto alla media Ue; un abisso se confrontato con i dati italiani: 31%.
Uno strumento di equità sociale. Questo sistema, oltre a dare maggiori chance ai giovani e più competitività alle imprese, riesce nell’impresa più ardua, cioè nel rappresentare un efficace meccanismo di equità sociale. Oggi in Italia esiste il lavoratore di serie A e quello di serie B, al di là dei guadagni e delle retribuzioni. Esiste chi è assunto a tempo indeterminato ed è protetto dall’articolo 18 e dalla cassa integrazione. Esiste poi chi, licenziabile senza preavviso, non usufruisce di alcun sussidio. Tra questi, in primo luogo, i giovani. Solo il 20-25% di chi inizia a lavorare oggi ottiene un’assunzione a tempo indeterminato. Gli altri? Carne da macello. Così è difficile non solo metter su famiglia, ma anche andar via di casa. In Danimarca, invece, il sistema annulla qualsiasi disuguaglianza. Tutto questo ha un costo in termini di tassazione, piuttosto elevato, ma i danesi non vogliono rinunciarvi.
Niente soldi senza riqualificazione. E proprio gli elevati costi spinge lo Stato a far funzionare bene il meccanismo di riqualificazione ed inserimento. Attualmente il reddito garantito dal welfare può coprire fino al 90% dell’ultima retribuzione, ma solo se il disoccupato dimostra la reale intenzione di ricercare un nuovo impiego anche attraverso piani individuali di aggiornamento.
Certo, non tutto può essere preso ed impiantato in un paese come il nostro che ha aspetti strutturali e culturali diversi dalla Danimarca. Il paese nordico ha un debito pubblico notevolmente inferiore e un tasso di evasione fiscale che sfiora lo zero. Da noi mancano i soldi, o vengono sprecati. In Danimarca la pressione fiscale si attesta al 48,5% del pil, con il 43% di quella italiana. E se tra Italia e Danimarca non c’è poi tutta questa differenza sul livello di tassazione, c’è invece un abisso rispetto ai servizi al cittadino. Per questo il sistema danese da solo non basta. È necessario prima riformare l’Italia.